Le mani nella terra

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Il testo di Fausto Renzi, che si conferma storico attento e preparato, analizza la vicenda storica della Cab Massari nel quadro più generale della cooperazione conselicese, dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Una storia, quella della cooperazione nel territorio conselicese (la “terra dei ranocchi”, per lungo tempo l’area più povera e depressa della già povera e depressa Bassa Romagna), che – rileva l’autore – può definirsi come «il capitolo principale di una storia più ampia e per certi aspetti drammatica: la storia della ricerca del lavoro». Ricerca che proprio a Conselice si tingeva di sangue, il 21 maggio 1890, in quello che è passato agli annali come il primo eccidio proletario dell’Italia post-unitaria.

Una storia, dunque, che racconta le speranze e la tenacia di tanti uomini e di tante donne che, qui come in tutta la provincia di Ravenna, hanno visto nell’associazione cooperativa un modo per sottrarsi a una situazione di miseria e di alienazione materiale e morale, sino a farne, nella lenta evoluzione dei rapporti e delle tecniche di lavoro, uno strumento economico di eccellenza in grado di competere sui più importanti mercati interni e internazionali.

Le pagine di Renzi narrano dunque, in modo circostanziato e con dovizia di documentazione, questa lunga avventura, nei suoi diversi aspetti umani, sociali ed economici.

Dalle primissime cooperative (la “Società fra gli operai braccianti di Conselice e San Patrizio”, costituita nel febbraio 1884 a imitazione della ravennate “Associazione generale degli operai braccianti” di Nullo Baldini; la “Associazione generale fra gli operai braccianti di Conselice, Lavezzola e San Patrizio”, fondata nel novembre del 1890, quasi in reazione «al trauma psicologico del 21 maggio»), promosse insieme dalle organizzazioni “popolari” e dal notabilato locale più “illuminato” già impegnato nel Mutuo Soccorso, alla grande fioritura cooperativa dei primi anni del Novecento (a seguito dell’inizio, tanto atteso, dello scavo del Canale di bonifica Destra di Reno), allorché furono soprattutto le Leghe socialiste organizzate da Luigi Fabbri (una delle figure più eminenti del socialismo emiliano-romagnolo) a dare impulso, a propria immagine e somiglianza, al movimento cooperativo. Dalla progressiva diversificazione (anche politica, dopo la drammatica frattura del 1910-1911 tra “rossi” e “gialli”) dei sodalizi cooperativi agricoli, col passaggio sempre più frequente dei braccianti da scariolanti a coltivatori, all’avvento della cooperazione edilizia e di consumo. Sino all’acquisto, il 30 dicembre 1919, da parte della Federazione delle Cooperative, dei possedimenti di Francesco Massari Zavaglia, e alla conseguente nascita dell’azienda Massari; evento «destinato a segnare l’economia conselicese per tutto il XX secolo».

Poi l’offensiva fascista, che colpì duramente la cooperazione in quanto espressione del movimento dei lavoratori (a Conselice la prima vittima dello squadrismo fu proprio un cooperatore, l’anarchico Domenico Veronesi, presidente della cooperativa di consumo), ma che, ben lungi dallo smantellarla, finì, per calcolo politico e di opportunità, per impadronirsene dall’interno, sino a farne anzi il proprio punto di forza e di consenso; con la Massari che negli anni della bonifica integrale voluta dal regime sarebbe divenuta il «fiore all’occhiello del fascio conselicese». Anche sul piano simbolico, se è vero, come attestano fra l’altro numerose fotografie, ch’essa era la «tappa principale delle visite dei gerarchi e del prefetto». Renzi dedica inoltre riflessioni interessanti alla cooperazione durante il torbido periodo della Repubblica Sociale Italiana, quando il fascio repubblicano, sotto la guida di Alfredo Graldi, «ex socialista proveniente da una famiglia contadina e con un passato di scariolante e risaiolo», tentò con ben scarsi risultati la carta demagogica della socializzazione.

Il racconto prosegue con la difficile rinascita del dopoguerra, inizialmente nel segno dei collettivi agricoli, sorti (anche sui terreni della Massari) su impulso diretto del movimento partigiano legato al Partito Comunista, nei quali «riviveva […] la cultura egualitaria, solidaristica e di lotta del tradizionale leghismo sindacale». Con le rinnovate lotte bracciantili di fine anni Quaranta-inizio anni Cinquanta, per giungere (gennaio ’55), alla cessione dell’azienda Massari alle CAB di Conselice e Lavezzola, nell’ambito della ridefinizione e della ristrutturazione della Federazione e dell’assetto cooperativo provinciale nel suo complesso; «una svolta senza precedenti non solo per la cooperazione agricola ma anche per l’intera economia locale».

Sarebbero poi venute la meccanizzazione e, con essa, la graduale differenziazione delle culture, premessa alla decisiva svolta imprenditoriale degli anni Sessanta, di cui fu esito e causa ad un tempo l’entrata in vigore dei “nuovi rapporti” di cointeressenza. Un’autentica rivoluzione copernicana, per cui i soci cooperatori non si sarebbero più configurati «alla stregua di puri e semplici prestatori di giornate lavorative a fronte di un salario» ma quali «produttori interessati alla massima redditività dell’impresa». Certo, in questa ascesa del movimento cooperativo, ormai proiettato alla definitiva “conquista della terra” non sarebbero mancati episodi residuali di accesa conflittualità sociale e sindacale (come la “vertenza Galvani” del maggio-giugno ’66), ma si può dire che con il declinare degli anni Sessanta si venne compiendo la piena trasformazione della cooperazione conselicese, e ravennate in generale, proseguita poi, tra alti e bassi, lungo tutti i decenni successivi. Fondamentale, in tutto ciò, il ruolo propulsivo svolto dalla Federazione e dalla Lega Provinciale, dietro la cui spinta si ebbe la nascita della cosiddetta “cooperazione di secondo grado” (cantine e stalle sociali, stabilimenti ortofrutticoli; su tutti la COR-Cooperativa Ortofrutticoli Ravennate di Lavezzola), destinata a prendere sempre più campo e a qualificare l’intera economia della zona. Gli ulteriori cambiamenti – nota Renzi – in campo economico e sociale verificatesi successivamente tra gli anni Ottanta e Novanta, in tempi di grave recessione, hanno chiuso un ciclo nella storia del territorio, la «lunga fase dominata dalla centralità dell’agricoltura e del mondo bracciantile».

Processi di trasformazione (all’interno dei quali c’è stato spazio anche per nuove sperimentazioni, come l’avvio delle prime coltivazioni biologiche ed ecocompatibili) non indolori, passati anzi attraverso riforme radicali, d’altronde necessarie per fronteggiare la crisi. Esigenze di razionalizzazione produttiva e di contenimento delle spese hanno infatti imposto una ristrutturazione aziendale di fondo, «che superasse la frantumazione campanilistica della cooperazione agricola». Così, nel quadro della politica delle fusioni avviata dalla Lega e dalla Federazione sin dalla seconda metà degli anni Ottanta, si è infine pervenuti (giugno 1996-dicembre 1997) alla fusione tra le CAB di Conselice e Massa Lombarda e alla costituzione della CAB Masco, alla quale, superate le forti resistenze “di campanile”, ha acconsentito a aderire anche la CAB di Lavezzola (agosto 2003-gennaio 2004).

 

L’attuale CAB Massari, frutto di questa seconda fusione, si estende oggi per 2.500 ettari, dislocati nei territori di più comuni delle province di Ravenna, Ferrara e Bologna, e costituisce una realtà economica importante della provincia di Ravenna, che unisce l’attività agricola e zootecnica a quella agrituristica, faunistico-venatoria e sportiva.

 

In essa, esito di un lungo e accidentato cammino iniziato con le dolorose lotte bracciantili di fine Ottocento, si riassume una vicenda ultra-secolare, parte integrante della storia della cooperazione e del territorio ravennate, che il lavoro di Fausto Renzi ci restituisce in tutta la sua pienezza e complessità.

 

Prefazione di Lorenzo Cottignoli, Presidente della Federazione delle Cooperative della provincia di Ravenna

 

 

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